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1 DicLe imprese cercano figure professionali laureate o diplomate in campi scientifici, ma è boom di umanisti
La senatrice barese Angela D’Onghia (indipendente) ha rassegnato le dimissioni da sottosegretario all’Istruzione in polemica con il ministro Valeria Fedeli sul completamento della riforma degli istituti di alta formazione artistica e musicale (gli ex conservatori). «Un fallimento, sono stati tre anni perduti, l’unico risultato è stato l’emendamento alla manovra per il finanziamento degli istituti non statali», ha dichiarato. D’Onghia che resterà comunque a Palazzo Madama fino al termine della legislatura.
Intanto, le imprese manifatturiere evidenziano carenze di personale. Nei prossimi cinque anni settori chiave come meccanica, chimica, e Ict avranno bisogno di 272mila addetti, dei quali oltre il 60% periti e laureati tecnico-scientifici. La scuola secondaria, però, non riuscirà a soddisfare le richieste. È quanto ha evidenziato una ricerca di Confindustria realizzata con Unioncamere. In particolare, le imprese hanno difficoltà a reperire un laureato ogni tre ricercati (151mila figure complessive) a causa della carenza di profili specializzati.
Colpa di un orientamento dei neolaureati poco legato ai bisogni emergenti dell’economia; e che, paradossalmente, finisce per penalizzare le donne, più spesso laureate in discipline a basso tasso di occupazione. L’edizione 2017 di Education at a glance, presentata due mesi fa alla Luiss a Roma, conferma un quadro a luci e ombre: nel 2015 il 39% degli studenti ha conseguito una laurea di primo livello nel campo delle belle arti e delle discipline umanistiche, delle scienze sociali, del giornalismo e dell’informazione (media Ocse, 23%) e il 25% si è laureato in una disciplina tecnico-scientifica (media Ocse, 22%). All’opposto, una quota relativamente bassa di laureati di primo livello ha concluso gli studi nel campo dell’economia, della gestione e in giurisprudenza (il 14% rispetto a una media OCSE del 23 per cento).